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Brevi riflessioni sui criteri redazionali del nuovo Codice dei Contratti Pubblici

Cavadi Renzo • 23 Giugno 2023

criteri-codice-contratti-pubbliciTracciata la rotta verso una nuova codificazione 3.0: ecco alcune brevi riflessioni sui criteri redazionali del nuovo Codice dei Contratti Pubblici a cura del Dott. Renzo Cavadi.


L’avvento del nuovo Codice dei Contratti Pubblici approvato con decreto n. 36 del 31 marzo 2023, costituisce una riforma storica se non epocale per il nostro ordinamento.

Se da un lato infatti, è pur vero che ci si trova di fronte all’ennesimo ritocco (il terzo per l’esattezza) nel giro di vent’anni, è altrettanto vero che sin da subito tra gli addetti ai lavori, si è sempre respirata un’aria nuova e di grande interesse in relazione al delicato compito che dovevano fronteggiare gli esperti e studiosi inseriti nella Commissione interna al Consiglio di Stato chiamata a redigere materialmente le coordinate del nuovo Codice.

Già dalle prime letture del testo iniziale d’altra parte, si è fatta strada l’idea che l’architettura della nuova codificazione fosse in effetti assai diversa dal precedente sistema normativo. E certamente non poteva che esserlo, sia per il contesto e il momento storico (periodo post-emergenziale da Covid-19) in cui è maturato, che per diverse ragioni di natura giuridica, le quali, hanno suggerito di scegliere una strada che era distante dalla normativa che fino eravamo abituati a conoscere.

La funzione e gli obiettivi dei Codici del 2006 e del 2016

CIò premesso, per potere comprendere appieno la ratio che fa da sfondo alla nuova codificazione del 2023, occorre effettuare un rapido confronto con i precedenti codici che hanno regolato complessivamente il settore della contrattualistica pubblica e cioè il D. lgs n. 163 del 12 aprile 2006 nonché il D. Lgs. n. 50 del 18 aprile 2016.

Sgombrando il campo da ogni dubbio, va detto che entrambe le codificazioni precedenti avevano un tratto in comune e che è stato del resto poi il fil rouge che ha accompagnato la loro genesi e la loro gestazione: esse nascevano dal bisogno e dall’esigenza di dare seguito alla normativa unoniale.

Occorreva in sostanza attuare in entrambi i casi, le storiche direttive n. 17 e 18 del 2004 [1] e successivamente quelle n. 23, 24 e 25 del 2014 [2]

In particolare il Codice del 2006 si è adeguato quasi militarmente su questa linea: gli addetti ai lavori peraltro, si trovarono di fronte a una montagna da scalare non indifferente, dal momento che dovettero in sostanza dare ordine, compattare e unificare strumenti giuridici che ontologicamente erano divisi e sparsi in diverse fonti nell’ordinamento nazionale.

Leggermente diverso invece è stata l’elaborazione del successivo Codice del 2016: esso nasce da un’impostazione di fondo un po’ più trasversale e con contenuti più ampi da valutare. Occorreva sì attuare le direttive europee (come nel precedente codice del 2006) ma contemporaneamente prevenire i tanti episodi di corruzione nella P.A. Ciò è stato possibile materialmente attraverso l’inserimento di disposizioni a carattere preventivo mediante l’utilizzo mirato e frequente delle c.d. Linee Guida ANAC.

Il risultato in questo caso ha portato però a un eccesso di regolazione particolarmente gravoso da gestire, sia a monte per le stazioni appaltanti ma anche a valle per le imprese e gli operatori economici.

La ratio che accompagna la gestazione del nuovo Codice dei Contratti pubblici (D. Lgs. n. 36/2023)

Il Codice del 2023 elaborato dalla Commissione Speciale istituita presso il Consiglio di Stato viaggia verso un’altra direzione rispetto alle codificazioni precedenti: di base infatti, ci si trova di fronte a una normativa europea che per quel che ci interessa, è  rimasta sostanzialmente intatta. Gli addetti ai lavori si sono dunque mossi, all’interno di un perimetro già ben delineato e su un terreno giuridico in cui sono rimaste invariate le storiche direttive.  

Ciò non significa che anche qui, non vi erano giuridicamente (come nei precedenti codici) degli obblighi da seguire se non altro perchè vi era la stretta necessità di assorbire i criteri e le indicazioni racchiuse nella legge n. 78 del 21 giugno 2022, dove formalmente una delega c’era, e necessariamente su quella, gli esperti dovevano plasmare il loro operato.

Piuttosto il vero nodo gordiano da sciogliere ruotava intorno a un interrogativo di fondo: indirizzare i lavori della Commissione verso la creazione di una codificazione fior di conio oppure concentrare gli sforzi su diverse tecniche redazionali di modifica e revisione del codice ancora attualmente vigente?

Su questo la Commissione pare non avere avuto dubbi nell’orientarsi sulla prima soluzione, con una scelta voluta e condivisa nonché finalizzata a mettere mano a un nuovo Codice [3], da leggersi e interpretarsi attraverso una lente attrattiva e un focus, espressioni di un paradigma normativo del tutto innovativo.

La pietra angolare su cui si è costruita la decisione della Commissione è stata sorretta da due ordini di motivazione.

Innanzitutto si è arrivati all’eliminazione del sistema delle Linee Guida: di fatto si era avvertita un’esigenza di fondo legata indiscutibilmente alla necessità oramai improcrastinabile, di riordino complessivo della materia degli appalti e delle concessioni.

Inoltre la copiosa elaborazione fornita dalla giurisprudenza amministrativa – rispettivamente dai Tribunali Amministrativi Regionali nonché dalle sezioni del Consiglio di Stato – senza dimenticare il prezioso contributo apportato dalle Plenarie dei giudici di Palazzo Spada, ha indotto gli addetti ai lavori a non limitarsi ad apportare dei semplici ritocchi o delle correzioni ma a virare la rotta direzionale verso un restyling totale della materia.

Sulla base ti tali considerazioni, val la pena sottolineare che a essere cambiata è proprio la ratio che accompagna il nuovo impianto normativo codicistico del 2023, quasi a suggerire un nuovo modo di approccio alla materia della contrattualistica pubblica.  La riforma muta per così dire angolazione, suggerendo come accennato in precedenza, una una nuova chiave di lettura e se vogliamo un nuovo “alfabeto” che ridisegna le coordinate stilistiche del settore della contrattualistica pubblica.

Non a caso per avere l’idea di tale cambio di prospettiva basta dare un’occhiata ai richiami e le considerazioni espresse nella relazione Illustrativa al Codice le quali così dispongono: Si è scelto di redigere un codice che non rinvii a ulteriori provvedimenti attuativi e sia immediatamente auto-esecutivo, considerando da subito una piena conoscenza dell’intera disciplina da attuare. Ciò è stato possibile grazie a un innovativo meccanismo di delegificazione che opera sugli allegati al codice (legislativi in prima applicazione, regolamentari a regime)”.

Ed ancora più eloquente e significativo risulta essere il passaggio successivo: “Si è cercato di scrivere un codice che racconti la storia delle procedure di gara accompagnando amministrazioni e operatori economici, passo dopo passo, dalla fase inizia nel della programmazione e progettazione sino all’aggiudicazione e all’esecuzione del contratto”.

Considerazioni finali

Ciò che si ricava dunque è l’idea di un codice autosufficiente, privo di riferimenti esterni (se non per quanto dispone tra i principi generali il solo articolo 12 inserito trai principi generali) [4] e come tale direttamente applicabile.

L’obiettivo neanche tanto nascosto della riforma, è stato quello di fornire una preziosa bussola orientativa a servizio degli operatori economici e delle imprese ma anche e principalmente a chi è in servizio negli apparati delle amministrazioni pubbliche, troppo spesso disorientate dalla molteplicità di fonti convergenti sulla materia.

In sintesi, siamo di fronte a un grande sforzo di semplificazione amministrativa che concretamente è andato ben oltre a quanto si poteva anche solo prevedere nelle intenzioni del legislatore.  In relazione al risultato prodotto, si può ripensare alle tre regole fondamentali di lavoro elencate da Albert Einstein: “Esci dalla confusione e trova la semplicità, dalla discordia trova armonia, nel pieno delle difficoltà risiede l’occasione favorevole.”

Ebbene su tali presupposti, il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici costituisce non solo il punto di arrivo ma anche il punto di partenza di un lungo viaggio orientato verso altre frontiere ancora tutte da scoprire e raggiungere.

Note

[1] Il D. Lgs n. 163/2006 reca: “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE”.

[2] Il D. Lgs. n. 50/2016 reca: “Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonche’ per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.

[3] Piuttosto eloquenti sono le parole del Presidente dott. Luigi Maruotti il quale nel discorso d’insediamento al Consiglio di Stato ha affermato con toni decisi che “il nuovo codice ha inteso dare il segnale di un cambiamento profondo, per valorizzare lo spirito di iniziativa e la discrezionalità degli amministratori pubblici”.

[4] L’articolo 12 del Nuovo Codice dei Contratti del 2023 così dispone: “Per quanto non espressamente previsto nel codice: a) alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241; b) alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile”.

 

Fonte: Dott. Avv. Renzo Cavadi - Funzionario direttivo Ministero dell'Istruzione - Ufficio Scolastico Regionale per la Sicilia
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